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il rifugio

Piccolo e

molto accogliente.

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invernali o estivi non cambia, il divertimento è assicurato.

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un week end in completa autogestione. 

il Dolo

Rilassarsi al fresco delle acque del torrente Dolo.

le torte E i taglieri del San Leo.

l'Abetina

Reale

Gli altissimi

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e le loro storie.

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e molto altro

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a trovarci!

La storia di San Leonardo

La ristrutturazione dell'attuale rifugio è stata terminata nel 2004 dall'ex Parco del Gigante con una spesa di circa 200 mila euro e affidata in gestione all'associazione "Antico Hospitale" a seguito di bando pubblico di aggiudicazione.

L'esistenza dell'Ospitale di S.Leonardo al Dolo è documentata già dal XII secolo. La cappella era soggetta al plebanato di Toano ed esistente prima del 1191. Anche se l'ospizio cessò la sua attività nel XV secolo a causa del mutamento del contesto sociale e delle abitudini la sua presenza, che ha dato origine anche a leggende narrate nell’alta valle, arriva sino ai giorni nostri. L''Ospitale sorgeva nella parte più alta della valle del Dolo, in una posizione che permetteva un agevole guado del torrente e dominava visivamente il crinale dal monte Giovarello al monte Prado. Dall’Ospitale si raggiunge agevolmente il passo delle Forbici, che da sempre rappresenta un’alternativa per valicare l’alto crinale al più celebre e più battuto passo delle Radici, più agevole soprattutto per i pellegrini e commercianti che da Reggio Emilia si recavano a Lucca e viceversa o in caso di interruzione della via Bibulca. E’ documentato l’episodio di un furto subito nel 1240 da commercianti di Fucecchio da parte di genti delle comunità di Gazzano, Cervarolo, Febbio, Asta, Morsiano, Romanoro e Fontanaluccia svoltosi nelle vicinanze dell’Ospitale. Come è documentata l’interruzione della via Bibulca nel 1306, a causa dell’inverno particolarmente nevoso e l’utilizzo della via delle Forbici che grazie al lavoro degli abitanti era rimasta agibile. Nel versante Garfagnino proseguendo dal passo si trovava l’ospizio di Santa Maria della Buita (o in Alpibus) adiacente al Casone di Profecchia che serviva anche i viandanti provenienti da Lucca e diretti a San Pellegrino in Alpe. Gli ospizi erano disposti in modo simmetrico sui due versanti per rendere più sicuro e agevole lo spostamento di uomini e animali. L’agiotoponimo di San Leonardo richiama l’apporto culturale e religioso dei Franchi, individuabili anche presso Roccapelago (MO) e negli ospedali di San Leonardo al Frigido, dei SS. Giovanni e Leonardo a Pontremoli, di S. Leonardo a Castelnuovo Magra. San Leonardo è il patrono di Civago. Il luogo ove sorgeva l’antico Ospitale fu scelto perché in condizioni favorevoli da più punti di vista: dista poco più di mezz’ora di cammino dal passo, controlla visivamente tutta l’alta valle, il guado del torrente Dolo in quel punto è agevole, esiste una sorgente, ci sono buone condizioni morfologiche e offre una buona esposizione solare per l’attività agricola. Quel luogo rappresentava, probabilmente, l’ultimo approdo sicuro prima di superare la parte più erta e difficile del valicamento appenninico, pericolosa per il ghiaccio, la neve, le belve, soprattutto in inverno. Un documento del 1442 narra come molti viandanti erano periti in quei luoghi a causa dell’abbandono dell’Ospitale.


San Leonardo Abate

 

L'Ospizio di San Leonardo al Dolo

Tra storia e leggenda

La storia di un luogo ha bisogno di persone che la studino prima e la tramandino poi. Enrico Cafari è un civaghino che per passione ha sempre cercato di mettere insieme tra vecchi manoscritti e antiche leggende la storia di quel pezzetto di terra. Per noi San Leonardo, oltre che fonte storica ufficiale, è un carissimo amico.

1 - note storiche sull'Ospizio

Il viaggio ha sempre richiesto la presenza di luoghi di ospitalità per viandanti e pellegrini, soprattutto in corrispondenza di valichi in alta montagna. Sin dall'alto medioevo si era andata creando una efficiente rete di ospitalità viaria, al punto che l'ubicazione degli ospizi ha consentito, in tempi recenti, di ricostruire i tracciati di antiche strade.
Meritano particolare rilievo gli ospedali della montagna a servizio degli itinerari diretti ai valichi dell'appennino.
Un manoscritto dell'Archivio Vescovile di Reggio Emilia attesta che sul versante reggiano della strada delle Forbici, a circa 3 Km sopra l’odierna Civago, sorgeva un ospizio denominato "Ospizio di S. Leonardo del Dolo". Tale manoscritto attesta, altresì, che un Oratorio, annesso all'Ospizio, era stato consacrato prima dell'anno 1191. L'Ospizio di S. Leonardo sul fiume Dolo assicurava, quindi, una sosta lungo la via che da Reggio conduceva a Lucca per il valico delle Forbici.
Il suddetto manoscritto riferisce, inoltre, che l'Ospizio da tempo antico accoglieva i viandanti ed i pellegrini di ogni condizione che passavano da quelle parti, i quali, per l'asprezza dell'alpe e per la grande distanza dai luoghi abitati, erano nell'Ospizio stesso alloggiati, rifocillati di pane e di vino, e confortati di altre comodità. Il testo originale di questo brano, che riportiamo qui di seguito, riesce, nel suo latino essenziale, a trasmetterci l'atmosfera e la magicità di quei tempi così ricchi di fascino e di mistero:

......olim in hospitali pauperum Sancti Leonardi de Gazano Reginensis diocesis intra Alpes, in loco dicto ad Dolum, iuxta viam per quam de civitate Reginensi ad civitatem Lucanam itur, sito, antiquitus etiam ab illius fundatione peregrini et alii cuiuscumque conditionis illac transeuntes, pro tempore consuevissent de necessitate, propter dictarum Alpium asperitatem et longam ab hominum habitatione distantiam, hospitalitatis, necnon panis et vini ac aliis comodis refici et recreari…

Va altresì sottolineato che il gestore dell'Ospizio doveva attenersi a delle precise regole di condotta che stabilivano, tra l'altro:
  • di fare la elemosina ai pellegrini che continuassero il viaggio;
  • di rifocillare e alloggiare chi vi pernottava;
  • di suonare a lungo una campana ad un'ora di notte onde richiamare qualche eventuale viandante sperduto;
  • di far celebrare, nell'oratorio annesso all'Ospizio, una messa settimanale.

 

L'ospizio di S. Leonardo al Dolo fu per centinaia di anni un prezioso punto di riferimento per coloro che percorrevano la Via delle Forbici in prossimità del valico. L'ospizio per varie cause, non ultima quella di liti continue tra i vari Rettori ed i responsabili delle Pievi dai quali l'Ospizio stesso dipendeva, cessò ogni sua funzione, con la conseguenza che, di lì a poco tempo, gli edifici, essendo stati lasciati nel più completo abbandono, finirono per crollare. Correva l'anno 1442.
Dopo secoli di silenzio e di oblio si tornò a parlare dell'Ospizio, o comunque delle terre annesse a quello che un tempo fu l'Ospedale di S. Leonardo al Dolo, nell'agosto del 1849. In quell'anno il Duca Francesco V d'Este visitò Civago, alloggiando nella canonica del Paese.
Il Rettore della Chiesa, don Antonio Rossi, alla sera, dopo cena, tra un bicchiere e l'altro di aleatico, chiese al Duca di cedere alla Chiesa di Civago un appezzamento di terreno situato sulla sinistra del Dolo, in località che, ancora oggi, si chiama semplicemente "Il Dolo" o "Case del Dolo".
In questa località, come abbiamo già precisato, sorgeva l'Ospizio di S. Leonardo al Dolo.
Il Duca, che doveva essere di buon umore, glielo promise e mantenne la promessa nell'anno successivo. Oltre a un grande appezzamento di terreno, il fondo comprendeva anche una costruzione in sasso denominata la "Cà del Pret", edificio eretto nei primi anni del 700 con i ruderi del vecchio Ospizio.

2 - L'Ospizio nella leggenda

Anche se scarso di storie importanti - e come può averne un paese formatosi nel secolo sedicesimo per iniziativa di un piccolo stuolo di pastori di Gazzano - Civago ha avuto ugualmente le sue piccole storie e le sue leggende. Si tratta di eventi, alcuni realmente accaduti, altri volutamente ingigantiti o addirittura inventati dalla fantasia popolare per rendere più intriganti ed avvincenti le serate trascorse "a veglia" dai paesani nelle lunghe notti invernali. Strani accadimenti, tramandati per via orale da padre in figlio, pervenuti sino a noi grazie alla curiosità, alla sagacia ed alla limpida penna di un noto studioso della storia del nostro appennino: il prof. Umberto Monti di Cervarolo. Una di queste strane storie si riferisce al campanile dell’Oratorio dell’Ospizio di S. Leonardo. Ai vecchi civaghini era stato raccontato che le campane dell’antico Ospizio di S. Leonardo sprofondarono unitamente alla costruzione a causa di geni malefici. Si dice che nella notte di Natale, quando tutte le cose si coprono di neve e di silenzio, chi passa nei pressi di quei luoghi ode venire da sotto terra suoni, a intermittenza, di bronzi misteriosi.

dipinto raffigurante San Pellegrino e San Bianco

3 - L'Ospizio e la strada

Poichè gli ospizi erano edifici nei quali un tempo si dava ospitalità temporanea e assistenza ai pellegrini ed ai viandanti in genere, va da se che i medesimi, per loro intrinseca natura, non potevano che relazionarsi con i viaggi e la strada.
Sì! La strada!
La strada, basilare strumento per l'effettuazione di viaggi, finiva sempre per trovare sul proprio percorso una solida costruzione, calda, accogliente e tale da assicurare una confortevole sosta allo stremato viandante.
La strada che incideva sull'Ospizio di S. Leonardo del Dolo era una via molto nota e battuta ai suoi tempi ed era conosciuta come "LA VIA DELLE FORBICI".
Una strada, tuttavia, che cessò di svolgere la propria funzione di raccordo tra il reggiano e le terre della lucchesia, allorché alcune arterie delle provincie confinanti, opportunamente ampliate e ammodernate, si sostituirono ad essa nello svolgimento di tale funzione. Fu quasi come una rivalsa per le altre strade il fatto di poter assistere al suo fatale declino, alla sua lenta, inesorabile fine di grande mezzo di comunicazione. E, si può capire perché! Perché, quando nell'alto Medio Evo la Via delle Forbici era percorsa da migliala e migliaia di viaggiatori, accadde, più di una volta, che essa riuscisse a rimanere sempre aperta, grazie ai tempestivi interventi di spalatura delle nevi da parte dei suoi solerti valliggiani. L'altra strada, invece, la famosa "Via Bibulca" (dopo l'Ospizio di S. Pellegrino nel versante toscano assumeva il roboante nome di "Via Imperiale") lasciata nel più completo abbandono, rimanevano chiuse al trantsito per intere settimane.
A questo proposito,riferiamo, qui di seguito, una preziosa testimonianza riportata in un manoscritto custodito nell'Archivio di Stato di Modena:

durante l'inverno 1306 - 1307 cadde molta neve sull'Appennino. La Via Bibulca, che collegava il versante appenninico modenese con la Garfagnana attraverso l'Alpe di S. Pellegrino, non essendo stata sgombrata, rimase chiusa al transito, con danno del commercio che, invece, di svolgersi tra Lucca e Modena, si intratteneva tra Lucca e Reggio Emilia, mediante la Via delle Forbici, la quale, grazie all'abnegazione degli abitanti della vallata, era stata aperta e veniva costantemente mantenuta libera dalle nevi.

Nel "Liber Grossus Antiquus" di Reggio Emilia si racconta che nel 1240 presso l'Ospizio di S. Leonardo Del Dolo, alcuni commercianti toscani di Fucecchio furono aggrediti e depredati dei loro beni da loschi individui di Gazzano, Cervarolo e di altri paesi della vallata. Si parlò a lungo di tale fatto, soprattutto a Villa Minozzo dove i commercianti toscani erano diretti per partecipare alla grande fiera del Paese, molto nota e frequentata in quel tempo.

Nell'anno 2004, l'Ospizio di S. Leonardo del Dolo, grazie agli interventi del Parco e del Comune di Villa Minozzo, è tornato a vivere la sua seconda vita su quella sponda del Dolo, ai piedi delle Forbici, dove sorgeva tanti secoli or sono. La ricostruzione e la riapertura dell'antico Ospedale di S. Leonardo del Dolo (riapertura, ovviamente, effettuata nell'ottica delle odierne esigenze) segnano una marcata inversione di tendenza rispetto ai lunghi momenti di silenzio e di oblio vissuti negli ultimi tempi dalle popolazioni dell'Alta Valle del Dolo.
Il fatto, poi, che i quattro giovani gestori del nuovo Ospizio abbiano in programma il ripristino di quel tratto della Via delle Forbici che dal vicino guado del Dolo conduce al valico, è da considerarsi una iniziativa di estremo interesse e tale da meritare una grande attenzione da parte di tutti.
Nel chiudere questo breve "excursus" sull'Ospizio di S. Leonardo e sulla strada delle Forbici non si può lasciar passare sotto silenzio un interessante scritto sul valico delle Forbici elaborato da un caro amico di Givago - Claudio Gaspari - e pubblicato anni fa sul quotidiano "II Resto del Carlino".
Si riportano, volentieri, alcuni concetti espressi dal Gaspari in quella occasione poiché si tratta di riflessioni che collimano perfettamente con quanto da anni an diamo dicendo su questo argomento.
Claudio Gaspari sostiene che il crinale del nostro appennino soffre da sempre di comunicabilità viaria efficiente. Egli ritiene che sia opportuno riaprire un dibattito sulla transitabilità del Passo delle Forbici, transitabilità che consentirebbe di collegare tutta la parte sud est dell'Appennino reggiano con la Toscana: UNA ANTICA STRADA NEL PARCO PER IL NUOVO PARCO.
Il Gaspari non pensa a una superstrada, ma ad un valico turistico (in buona parte già accessibile con strada carreggiabile nel versante toscano della provincia di Lucca) che permetta un collegamento adeguato tra due aree ambientali storicamente simili e culturalmente affini.
Facciamo nostra questa proposta di Claudio Gaspari di qualche anno fa e la giriamo direttamente al Sindaco di Villa Minozzo affinchè la annoti nella sua agenda, sperando ohe le vie del Signore siano infinite e vicine alla "Via delle Forbici".

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